Toni Toniato

Il silenzio dell'astrazione

Le opere recenti di Luciana Cicogna attestano in modo inconfondibile non soltanto la piena maturità espressiva dell'artista ma nello stesso tempo una linea di ricerca linguistica di esemplare coerenza e capace di evolversi in direzione di proposizioni che coniugano le specificità del lessico della grande tradizione pittorica veneta e la sensibilità tutta moderna per un pensiero dell'astrazione, da lei inteso però come riflesso ascolto del mondo della natura e della propria interiorità.   Proprio questa necessità conduce l'artista a formulare una relativa investigazione lirica già di per sé singolare poiché svincolata sia da ogni presupposto geometrico, sia da ogni predicato meramente formalistico.   In altri termini la Cicogna declina un proprio concetto di astrazione che s'identifica con la materia stessa del processo pittorico fondato, essenzialmente, su etimi cromatici di risolutiva significazione visiva.

Uno stato di stupefazione ammanta dunque lo sviluppo metaforico delle immagini, figure della mente e della percezione, ritmate entro prospetti sequenziali secondo una progressione spaziale di uguale imminenza ed intensità temporale. Nei diversi riquadri cromatici, accordati su perfetti registri tonali, emergono e si accampano viluppi segnici, forme sinuose che evocano con magnetica finezza e con sottile inventiva un mondo di preziose analogie, di corrispondenze strutturali tra elementi tratti dalla realtà fenomenica e da quella spirituale. In sostanza la pittura della Cicogna intende raffigurare, su quelle luminose superfici rigorosamente spartite, il silenzio dell'astrazione, sottraendo dall'immobilità delle varie sintassi di ascendenza costruttivistica e razionalistica, per aprirlo al dinamismo di una contemplazione rivolta ai multiuniversi dell'immaginazione cosmologica. I suoi "microcosmi" infatti - valga un paradigma come un dipinto sul motivo della Via Lattea - sono la grafia delle topologie del silenzio, luoghi di un'azione meditativa sull'essenza del percepire, dell'ascoltare la recondita profondità delle cose viventi e della natura e del mondo. Ciò riguarda non soltanto il particolare sentimento poetico che ne contraddistingue la pittura, ma il senso di poter così far apparire quanto di misterioso risuona allora nella concretezza dell'immagine, ormai libera da funzioni mimetiche, decantata fino alle sue estreme possibilità di astrazione, ossia di puro evento di forma.

L'enucleazione di questi teoremi visivi, non sempre immediatamente decifrabili, si accompagna del resto a una morfologia della ricezione nel significato più pregnante dell'ascolto interiore dove arrivano - attraverso alchimie per fortuna, in lei inobliate - sensi ed emozioni forse non altrimenti avvertibili. Quanta grazia agisce in quei sortilegi lirici, frutto di sensibilità acuita, di compenetrazione immedesimante dell'immaginazione con i movimenti frattalici che catalizzano il flusso trasformativo della materia vivente nelle sue relative evoluzioni e decadimenti. Tuttavia l'artista no punta a decostruire o frammentare le forme, ma le trae direttamente da pretesti, da sollecitazioni provenienti da una lucida condizione di ascolto, traducendole in una diversa esistenza, nella dimensione incommensurabile dell'incanto pittorico, in consonanza ideativa con le stesse temperature spirituali di Klee e con quelle, invece, fantasmagoriche di Mirò.

Su questo versante la Cicogna si è orientata sin dai suoi studi accademici con Santomaso di cui ha ereditata una certa nozione di spazialità d'immagine, risolta però da lei con maggiore icasticità anche nelle evocative strutturazioni di più esplicita origine naturalistica ed ambientale. Le cose, le ore, le stagioni trapassano nei climi cangianti delle sue trasparenze coloristiche, nei tracciati filanti di un segno rapinoso, nelle efflorescenze sapienti di germinativi nuclei formali che si dipanano in leggere trame di musicali fioriture. Anche l'adimensionalità degli spazi dipinti o ritagliati ad ospitare delicati collages concorre a smaterializzare i ritmi di quelle armoniose tessiture, accentuando lo stato di sospensione che caratterizza l'indefinitezza di queste "visioni", appena trascritte sul percorso del loro apparire prima allo sguardo unitario della coscienza che a quello discontinuo della percezione, saldando in tale modo l'ordine visibile a quello invisibile, riconnettendoli alla sfera di una rispecchiante interiorità.

Le sue opere configurano pertanto spazi tempo che appartengono al silenzio meditativo dell'astrazione, al movimento di un pensiero immaginale che vi si riflette con acuta intensità per inflessibile rigore ed inesauribile slancio. Un simile ascolto richiede per l'appunto la misura di quella "lunga pazienza" che Goethe attribuisce ad ogni vera esperienza artistica e che la Cicogna, nelle sue attuali ricognizioni pittoriche, mostra di trasmettere con la forza di una tensione espressiva insieme misteriosa e suadente.

Pervasivo di magiche atmosfere è il sentimento poetico che inoltre guida l'artista a decantare, riquadro su riquadro, la presenza mai completamente rivelata ma semplicemente evocata di un'epifania della luce nell'orizzonte di una visione che trascende le apparenze fisiche, i limiti dello stesso percepire. Allora quei riquadri, quelle finestre sul mondo e sulla natura, esprimono qualcosa che va oltre le soglie del vedere e del sentire, per farsi nella tensione tra figurabile ed infigurabile, essenza di un luogo dell'ascolto interiore, da porre in opera come necessità di un'interminabile ricerca al fondo della quale l'apparire, nella forma di queste metaforee visive, s'identifica, per parafrasare Heidegger, con il linguaggio originario della sua verità. Poeticamente per l'appunto.

Gennaio 2005